lunedì 20 luglio 2015

Un omaggio a Satoru Iwata.

A cura di Paolo, dello Staff di Tales of Nerds.


Come già in molti sapranno, l'11 luglio 2015 è mancato Satoru Iwata, il precedente presidente di Nintendo. Forse non tutti però sono a conoscenza di chi fosse quest'uomo, del suo genio rivoluzionario e dell'impatto che ha avuto non solo nell'industria videoludica, ma nel ridefinire lo stesso concetto di videogioco.
Satoru Iwata (1959-2015) inizia la sua carriera nel 1983 all'interno dello studio HAL Laboratory, collaborando allo sviluppo di titoli come Balloon Fight, EarthBound, arrivato solo recentemente in occidente, e la famosa serie di titoli dedicati a Kirby. Ha anche partecipato alla creazione di Pokemon Oro e Argento, che in molti ricorderanno con affetto e della serie Super Smash Bros.
Solo nel 2000 Iwata entra a far parte di Nintendo e nel 2002 ne diventa presidente. Senza troppi giri di parole, lo sviluppatore giapponese riuscì letteralmente a salvare la società dal baratro in cui si trovava per via dello scarso successo del GameCube, introducendo nel mercato due console all'epoca rivoluzionarie: il DS e la Wii. Quest'ultima, ricordo, è allo stato attuale la seconda console fissa più venduta al mondo, preceduta solamente dalla Ps2, e con un numero di pezzi venduti assai superiore rispetto a Ps3 e Xbox360 e che si aggira intorno alle 100 milioni di unità; mentre per il Nintendo Ds se ne contanto circa 150 milioni.
Qual è dunque il motivo di tale successo? E, soprattutto, qual è il contributo di Iwata al mondo dei videogiochi?
Innanzitutto, con Iwata come presidente, Nintendo si è potuta finalmente aprire davvero al mondo occidentale. I pochi possessori del GameCube ricorderanno, con amarezza, la scarsissima scelta di titoli disponibili nei nostri paesi rispetto a quelli acquistabili in Giappone. E anche se era possibile modificare la propria console per vie non proprio legali in modo da poter leggere anche i prodotti nipponici, restava comunque il problema della lingua. Iwata invece sapeva parlare l'inglese, potendo quindi presentare di persona i propri lavori in occidente durante le varie conferenze. Una sua frase rimane particolarmente memorabile:

"On my business card, I am a corporate president. In my mind, I am a game developer. But in my heart, I am a gamer."

Ma c'è dell'altro.
A capo di Nintendo, Iwata ha cambiato per sempre il concetto di videogioco. La sua idea era quella di creare qualcosa che fosse in grado di superare barriere come sesso, età, nazionalità. Di fare il modo che il videogioco non fosse un privilegio per pochi appassionati solitari, ma un mezzo per portare gioa, stupore e divertimento all'interno dei più diversi contesti. E questo mezzo era Nintendo Wii, una console in grado di intrattenere vecchi e bambini, ragazzi e ragazze, orientali e occidentali. Il videogame era diventata un'esperienza meritevole di essere provata da tutti, un bene da poter condividere con chi si voleva, oppure da godersi in solitaria.
Perché, pensandoci un attimo, non è sempre stato così.
E, guardando i titoli disponibili delle console concorrenti, sia per quanto riguarda le console attuali, sia quelle precedenti, il target di utenza è tutt'altro che neutro: di sesso maschile e relativamente giovane (ma non troppo, dati i contenuti spesso violenti). Per gli scettici, fate una rapida ricerca su internet e troverete che spesso agli sviluppatori viene imposto di utilizzare nei loro giochi un protagonista maschile per ragioni di marketing. Per citare un caso, nel titolo Remember Me dei Don't Nod, agli sviluppatori fu dato questo “suggerimento”, che loro, dimostrando un certo coraggio (e coerenza...“they didn't nod”), declinarono, continuando ad utilizzare una protagonista femminile.
Un ulteriore appunto va fatto sul multigiocatore locale, uno dei punti di forza della Wii e della WiiU, e ormai sempre più raro e meno considerato dagli sviluppatori attuali. Basti pensare che persino l'ultimo titolo dedicato all'idraulico italiano, Super Mario 3d World, non supporta il gioco online, ma solamente la cooperativa locale, per una scelta specifica da parte di Nintendo. Oppure all'ultima fatica di Sakurai, il nuovo Super Smash Bros, che supporta tantissimi tipi di controller differenti (tutti Nintendo ovviamente), in modo da dare a tutti la possibilità di giocare, anche se si è in molti.
Di certo però Iwata non era un super-uomo, e di scelte infelici ne ha fatte anche lui: 3ds e WiiU non hanno raggiunto le aspettative previste, e il presidente di Nintendo, per risollevare la società, era arrivato anche a dimezzarsi lo stipendio. La sua idea di videogioco ha dovuto fare i conti con un pubblico sempre più esigente, con le enormi e calcolatissime campagne pubblicitarie concorrenti, con i tempi di produzione sempre più ristretti. Si è dovuti rinunciare un po' alla qualità, di cui fino a qualche anno fa il marchio Nintendo era sinonimo, e rivedere in parte politiche del tipo “meglio un prodotto in dieci giorni che dieci in un giorno”. Inoltre, alcuni dei giocatori più fanatici dei brand Nintendo si sono sentiti in qualche modo “traditi” nel vedere come la società abbia deciso di non occuparsi solo più dei videogiocatori veri e propri. È proprio in questa situazione, quando tutti erano pronti a vedere cosa avrebbe fatto Nintendo per rimettersi in gioco, che ci ha lasciti Satoru Iwata.

Ma, mi chiedo, era così sbagliata la sua idea di videogioco...l'idea che, prima di essere definito arte o quant'altro, il videogioco debba innanzitutto portare gioia, stupore e divertimento...di utilizzare il videogame come media per creare una cultura di massa basata su queste semplici cose?
Perché, forse, più che arte, il videogioco è solo un videogioco. L'arte probabilmente si vede quando il suo creatore riesce, utilizzando questo mezzo, ad esprimere qualcosa di sé, un'idea o un sentimento... realizzando così un'opera che non è mai compiuta completamente, ma la cui creazione continua ogni volta che qualcuno la osserva, facendo risuonare quella parte dell'anima che l'artista ha messo nel suo lavoro; in tanti modi diversi quante sono le persone che ne fanno esperienza.


L'uomo che ci ha lasciati, insomma, non era semplicemente il presidente di una società, uno sviluppatore o, come amava definirsi, un giocatore; ma anche un artista, che ha dedicato la sua vita, sacrificando spesso le sue risorse personali, a ciò che credeva.
Resta da vedere come chi gli succederà porterà avanti l'eredità da lui lasciata, contribuendo a sua volta al mondo dei videogiochi.

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